In questo articolo metto insieme, forse per la prima volta, il pensiero di due intellettuali: Stefano Zamagni, economista e Umberto Galimberti, filosofo. Parlerò di economia civile, ti mostrerò alcune assonanze nelle idee di entrambi.
Sommario
Economia civile: saggezza antica.
L’economia civile riscoprire il paradigma originario dell’economia intesa come disciplina di studi sociali. Infatti è nata prima dell’ economia politica, che è diventata il paradigma dominante fino ai giorni nostri.
Oggi se si vogliono realizzare veri modelli di sviluppo sostenibile a vantaggio delle popolazioni del pianeta bisogna ripensare tutto. Entro subito nel vivo e poi ti faccio un accenno storico sul perché il paradigma dell’economia politica ha prevalso sull’economia civile. Dopo ti parlerò di alcune chicche del pensiero di Umberto Galimberti.
Crescita e sviluppo, differenze.
Crescita e sviluppo non sono la stessa cosa. Purtroppo per molti economisti lo sono.
La crescita è un fenomeno che riguarda piante, animali, uomo. Lo sviluppo riguarda solo l’uomo. L’economia politica si occupa solo di massimizzare la crescita, come quando si ingozza un tacchino in un allevamento intensivo.
Se poi questa crescita lascia strascichi negativi, come distruzione dell’ambiente e delle relazioni sociali, poco importa. L’economista politico non se ne cura più di tanto. L’obiettivo è il benessere. Ma di chi?
L’economia civile punta allo sviluppo. Quest’ultimo appartiene solo all’uomo e dallo stesso può essere governato. La crescita diventa sviluppo solo se avanza di pari passo con queste altre due dimensioni irrinunciabili:
- socio-relazionale;
- spirituale.
Come attuare l’economia civile?
Un po’ utopistico e difficile da realizzare? Non direi. Riconoscere i due paradigmi in azione è semplice.
L’economia politica è sommatoria e tende al bene totale, quella civile è “produttoria” e tende al bene comune. La differenza è visibile a occhio nudo, come il giorno e la notte. Mi spiego. Nella somma, se anche uno o più addendi sono a zero, il risultato è sempre un incremento, nel prodotto, se uno dei fattori è zero, l’intero prodotto è nullo. Non male vero?
Il successo dell’economia politica
Perché ha vinto il paradigma dell’economia politica? Perché nasce in Scozia, e la Gran Bretagna è stata la prima potenza economica mondiale fino alla prima guerra mondiale. Molto più tardi fu sorpassata dagli Stati Uniti, ma è stata la patria della rivoluzione industriale.
Non è una novità che dal paese più potente vengano le idee dominanti. L’economia civile è italiana. La prima cattedra al mondo venne istituita a Napoli nel 1753 e il primo professore fu Antonio Genovesi.
Umberto Galimberti e la tecnica.
Il pensiero di Umberto Galimberti in materia economica, in estrema sintesi è chiaro: il denaro da mezzo degli scambi è diventato fine da perseguire che influenza la scelta di effettuare o meno gli scambi stessi. Lo strumento e l’obiettivo hanno cambiato posizione in uno smarrimento di senso.
Compagno e complice di questa trasformazione è lo sviluppo tecnologico. Secondo il filosofo, la tecnica è scambiata per progresso ma il suo unico fine è l’auto potenziamento.
Keynesismo e liberismo
Prima di lasciarti ai filmanti per un approfondimento, permettimi di fare un accenno alla differenza tra keynes e i liberisti di oggi. Questa bipartizione è tipica dell’economia politica, e a mio avviso, non di quella civile.
E’ vero infatti, che il pensiero di Keynes ha rappresentato il trentennio d’oro, il capitalismo dal volto umano, miscelato con molto welfare state e crescita generalizzata in tutto il mondo (occidentale). Questo è stato il suo pregio, oggi del tutto abbandonato.
Tuttavia, l’economia civile vuole coniugare la crescita con le relazioni e la sostenibilità ambientale. L’obiettivo finale non è l’accrescimento del benessere materiale in sé e nemmeno una ridistribuzione che attenui gli effetti della concentrazione di ricchezza e del divario economico nella società.
Per l’economia civile, le scelte tecnologiche, la crescita, quello che si può fare insomma, incontra il limite della compatibilità con le altre dimensioni sociali accennate, per poter raggiungere e mantenere un reale equilibrio.